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08/10/2024

Trattamento conservativo del dolore da frattura vertebrale

Le fratture da fragilità vertebrali (FFV) sono tra le più comune fratture nei pazienti affetti da osteoporosi. Nonostante siano frequentemente asintomatiche, quando presente, il dolore riduce la mobilità e la qualità della vita, rendendone necessaria la gestione (1). Per tale ragione sono state introdotte prima tecniche di trattamento chirurgiche mininvasive, come la vertebroplastica, che però non ha offerto risultati soddisfacenti (2). Successivamente sono stati pubblicati numerosi studi alla ricerca del più efficace approccio conservativo, che hanno mostrato risultati contrastanti, impossibilitando l’indicazione di un trattamento unico e definitivo.

Alimy  e colleghi hanno svolto una revisione sistematica della letteratura con metanalisi per comparare le diverse opzioni terapeutiche conservative per ridurre il dolore da FFV.

Sono stati definiti come elegibili tutti i trials clinici randomizzati e tutti gli studi prospettici comparativi, che comparavano due delle seguenti opzioni terapeutiche tra di loro o verso nessun trattamento o placebo: tutori, farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), oppioidi, bifosfonati, calcitonina, teriparatide, vitamina D e fisioterapia. Tutti gli studi dovevano inoltre valutare come out-come la presenza di dolore.

La revisione sistematica ha consentito la selezione di 20 studi, di cui 16 trial clinici randomizzati e 4 studi prospettici comparativi.

Il primo out-come di interesse è stato il controllo del dolore a breve termine durante i movimenti, come camminare, alzarsi dalla posizione supina e mantenere la posizione eretta. L’uso di calcitonina è stato associato ad una maggiore riduzione della sintomatologia dolorosa rispetto ai bifosfonati o al placebo [differenza media standardizzata (DMS) -4.86; I.C. 95% compreso tra -6.87 e -2.86]. Anche l’uso di FANS è risultato migliore per lo stesso out-come rispetto al placebo (DMS -3.94, I.C. 95% compreso tra -7.30 e -0.58). Teriparatide e i bifosfonati non hanno mostrato differenze significative rispetto al placebo. Tutti gli studi presentavano però livelli di evidenza bassi o molto bassi.

Il secondo out-come valutato è stato il controllo del dolore a lungo termine, per un follow-up medio di 11.5±9.0 settimane. In questo caso, il teriparatide sia somministrato quotidianamente (DMS 1.22, I.C. 95% compreso tra 0.12 e 2.32) che settimanalmente (DMS 1.13, I.C. 95% compreso tra 0.05 e 2.21) si è dimostrato superiore rispetto ai bifosfonati. Nessun vantaggio è stato dimostrato dai FANS rispetto al teriparatide, o rispetto alla calcitonina ed ai bifosfonati da soli o in combinazione fra loro. Gli interventi farmacologici più efficaci si sono dimostrati quindi prima il teriparatide (quotidianamente, p-score 0.83; settimanalmente p-score 0.78), poi la combinazione di calcitonina e bifosfonati (p-score 0.52). Anche in questo caso i livelli di evidenza degli studi erano bassi o molto bassi. Per il secondo out-come sono stati valutati anche interventi non farmacologici. L’uso di tutori di qualsiasi tipo (rigido, semirigido o morbido) non ha mostrato nessun beneficio rispetto all’uso di nessun tutore.

Non sono state evidenziate differenze in termini di effetti collaterali nella comparazione tra i vari schemi terapeutici, se non quelli tipici di ogni molecola, come reazioni gastro-intestinali per la calcitonina e dispepsia per i FANS in un solo caso.

Data la natura di metanalisi, lo studio presenta diversi limiti e punti di forza identificabili nell’eterogeneità degli studi selezionati. Se da un lato questa consente di includere un numero maggiore di lavori, dall’altro per ogni categoria di farmaco (bifosfonati, calcitonina) erano presenti differenze sia nella scelta della molecola che nella via di somministrazione. Inoltre, l’uso sia di trials clinici randomizzati che di studi prospettici comparativi ha aggiunto ulteriore variabilità, incrementando quindi anche il rischio di errore.

Nel complesso, i risultati identificano la calcitonina ed il teriparatide come migliori scelte farmacologiche per il trattamento del dolore da VFF sia in acuto che in cronico, riducendo quindi i rischi legati all’immobilità come l’osteopenia e facilitando la mobilizzazione precoce del paziente.

Commento all’articolo di Alimy, A. R., Anastasilakis, A. D., Carey, J. J., D’Oronzo, S., Naciu, A. M., Paccou, J., Yavropoulou, M. P., Lems, W. F., & Rolvien, T. (2024). Conservative Treatments in the Management of Acute Painful Vertebral Compression Fractures: A Systematic Review and Network Meta-Analysis. JAMA network open, 7(9), e2432041. https://doi.org/10.1001/jamanetworkopen.2024.32041

 

Bibliografia

  1. Cooper C, Atkinson EJ, O’Fallon WM, Melton LJ III. Incidence of clinically diagnosed vertebral fractures: a population-based study in Rochester, Minnesota, 1985-1989.J Bone Miner Res. 1992;7(2):221-227. doi:10.1002/ jbmr.5650070214
  2. Klazen CA, Lohle PN, de Vries J, et al. Vertebroplasty versus conservative treatment in acute osteoporotic vertebral compression fractures (Vertos II): an open-label randomised trial. 2010;376(9746):1085-1092. doi:10.1016/S0140-6736(10)60954-3