Nonostante le fratture da fragilità collegate all’osteoporosi (Op) portino ad un esito infausto nel 20-30% dei pazienti, nella maggioranza dei casi la sopravvivenza dopo la diagnosi appare molto lunga, necessitando quindi di terapie a lungo termine (1, 2). In questi casi, gli approcci terapeutici utilizzati sono molti e non sempre efficaci. Infatti, in diversi casi viene comunque registrata una riduzione della densità minerale ossea (DMO) e nuove fratture da fragilità (2). Attualmente le principali linee guida del mondo occidentale suggeriscono in questi casi un approccio con terapia sequenziale prima con agenti anabolizzanti (AB) seguenti da agenti anti-riassorbitivi (AR) (3,4). Nei paesi orientali invece, le linee guida appaiono meno chiare (5). La mancanza di evidenze scientifiche certe ha spinto gli autori dello studio commentato a condurre una network metanalisi, al fine di rivelare le differenze di efficacia e sicurezza di tutti i regimi terapeutici sequenziali.
Sono stati inclusi tutti gli studi controllati randomizzati (RCT) che comprendevano donne con Op post-menopausale, in terapia sequenziale come intervento principale, e gruppi di controllo in monoterapia con AB (monoAB) o AR (monoAR). Sono invece stati esclusi studi che comprendevano pazienti con Op secondaria, dove non veniva inclusa nessuna terapia sequenziale, e in assenza di disegno RCT. I regimi terapeutici sequenziali comparati sono stati i seguenti: la terapia sequenziale prima con AR poi con AB (ARtAB); quella con AR poi con un altro AR (ARtAAR); la sequenziale da AB ad AR (ABtAR); da un singolo AB ad una combinazione di due AB (ABtC); da un singolo AR ad una combinazione due (ARtC). Gli outcome principali valutati sono stati il rischio di frattura vertebrale e la percentuale di miglioramento della DMO misurata al femore. Outcome secondari sono stati invece il rischio di comparsa di fratture in altra sede, cambiamenti della DMO in generale e la sicurezza dei vari regimi terapeutici.
Al termine dell’applicazione dei criteri summenzionati, gli studi inclusi nello studio erano 19, comprendenti 18416 pazienti, di età media 71.2 anni, con un follow-up medio di 12 mesi. Tutti i pazienti hanno ricevuto inoltre integrazione di vitamina D e calcio.
In ordine di efficacia, gli schemi ARtC, ABtAR e ARtAB si sono dimostrati migliori rispetto alle monoAR nel ridurre l’incidenza di fratture vertebrali. Tra queste, l’ARtC si è dimostrata la più efficace quando comparata a tutte le altre. Per tutte le altre fratture non vertebrali, lo schema ABtAR era invece quello più efficace sia in comparazione con le monoAR, sia con tutti gli altri approcci terapeutici.
L’effetto sulla DMO vertebrale era invece maggiore nello schema ARtAAR sia in assoluto seguita dalla ABtAR, sia rispetto alla monoAR. Le ABtC e ABtAR erano invece superiori alla monoAB. Per la DMO femorale, l’efficacia nella ARtAAR era inoltre superiore quando comparato a tutti gli altri schemi terapeutici.
Eventi avversi si sono registrati in maniera minore nelle ARtC, seguito dallo schema ARtAB, monoAR, ARtAAR e ABtAR.
In conclusione, i risultati dello studio possono implementare le linee guida disponibili, migliorando la scelta clinica e personalizzandola in base al rischio del singolo paziente. Le terapie ABtAR e ARtAAR sono quindi più utili per ridurre il rischio di fratture e per migliorare la DMO. Studi futuri potranno essere tuttavia utili per fornire nuove e più precise indicazioni circa le ARtC e le ARtAB.
Commento all’articolo di Han YX, Mo YY, Wu HX, Iqbal J, Cai JM, Li L, Bu YH, Xiao F, Jiang HL, Wen Y, Zhou HD. Safety and efficacy of sequential treatments for postmenopausal osteoporosis: a network meta-analysis of randomised controlled trials. EClinicalMedicine. 2024 Jan 23;68:102425. doi: 10.1016/j.eclinm.2024.102425. PMID: 38312239; PMCID: PMC10835219.
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