La frattura di femore è uno degli infortuni più frequenti e gravi che possono svilupparsi dopo i 60 anni d’età, portando ad una aumentata mortalità, peggioramento della qualità della vita ed allungamento dei tempi di ospedalizzazione (1). Nel Regno Unito coinvolge circa 250 casi ogni 100.000 abitanti per anno (1). Tali eventi pesano sui sistemi sanitari nazionali a causa dei lunghi tempi di degenza e della necessità di ricorso ad una assistenza sanitaria di secondo livello. Negli ultimi 10 anni, infatti, il costo sanitario per frattura di femore è stato di circa 869 milioni di sterline nel Regno Unito, pari a quello sostenuto a seguito di ictus e superando quello per i più comuni tipi di neoplasie (2, 3).
Scopo di questo studio è stabilire quale elemento dell’organizzazione ospedaliera predice l’esito a 365 giorni dei pazienti ricoverati per frattura di femore in Inghilterra e Galles, valutare la mortalità per tutte le cause, il numero di giorni di ospedalizzazione, e stimare i costi sanitari per paziente.
Lo studio “Reducing Unwarranted Variation in the Delivery of High-Quality Hip Fracture Services in England and Wales” (REDUCE) è uno studio di corte, basato su dati amministrativi ed anonimi di pazienti ricoverati per frattura di femore. I dati sono stati sistematicamente raccolti nei singoli ospedali in Inghilterra e in Galles, per poi essere inviati al “National Hip Fracture Database”, da dove sono stati poi analizzati. La popolazione selezionata era costituita da tutti i pazienti con più di 60 anni di età, ricoverati per una prima frattura verificatasi al femore. I pazienti sono stati seguiti per un totale di 365 giorni.
Dal 2016 al 2019 sono stati selezionati 178.757 pazienti, afferenti a 172 ospedali in Inghilterra e Galles. L’età media era di 84 anni in Inghilterra ed 83 in Galles.
Nel corso dei 365 giorni, 50.354 (28,2%) pazienti sono morti. Di questi, 31.659 (17,7% del totale) casi si sono verificati nei primi 120 giorni. La mortalità era più bassa negli ospedali in cui: veniva effettuata supplementazione nutrizionale; erano disponibili servizi di prevenzione secondaria per le fratture; era possibile comunicare i tassi di re-intervento; venivano presi in considerazione i commenti sull’esperienza dei pazienti durante le riunioni organizzative ospedaliere.
I pazienti sono stati ricoverati in media 21 giorni. Più brevi tempi di degenza si sono registrati in ospedali in cui: era disponibile un servizio di fisioterapia anche di sabato e domenica; un ortogeriatra partecipava alle riunioni organizzative ospedaliere; era possibile eseguire blocco del nervo prima dell’operazione; venivano eseguite sostituzioni protesiche d’anca quando indicato o usati chiodi endomidollari per fratture sotto-trocanteriche; si provvedeva alla mobilizzazione del paziente già dal giorno successivo all’intervento chirurgico; si registra un più alto numero di accessi in pronto soccorso; il numero di ortopedici assunti a tempo pieno era più alto del 17%; il numero di accessi per frattura di femore era superiore al 27%.
Il costo medio per paziente era di 14.443 sterline in Inghilterra e 17.602 sterline in Galles. Di questi, l’86,3% ed il 90% sono stati spesi durante i primi 120 giorni rispettivamente in Inghilterra ed in Galles. Più alti costi sono stati osservati negli ospedali in cui la mortalità a 365 giorni era più alta. I costi invece erano più bassi in ospedali in cui: più del 23% dei pazienti venivano trasferiti entro 4 ore dal pronto soccorso al reparto di ortopedia; i tempi di attesi medi in pronto soccorso erano inferiori alle 4 ore; veniva eseguita consulenza ortogeriatrica entro le prime 72 ore dal ricovero; veniva effettuata valutazione nutrizionale; era disponibile un servizio di fisioterapia anche di sabato e domenica; il numero di pazienti mobilizzati entro il primo giorno dopo l’intervento superava il 71%; si registrava un più basso tasso di delirium come complicanza.
I risultati di questo studio suggeriscono che esiste un’ampia variabilità di spesa per fratture di femore all’interno degli ospedali inglesi, identificando però alcuni fattori potenzialmente modificabili, capaci di migliorare l’esito clinico e finanziario. In particolare, la figura dell’ortogeriatra, la tempestiva riabilitazione e la presenza di un team multidisciplinare per la gestione di tali pazienti possono essere utili strumenti per ridurre la mortalità e la spesa sanitaria.
Commento all’articolo di Baji P, Patel R, Judge A, Johansen A, Griffin J, Chesser T, Griffin XL, Javaid MK, Barbosa EC, Ben-Shlomo Y, Marques EMR, Gregson CL; REDUCE Study Group. Organisational factors associated with hospital costs and patient mortality in the 365 days following hip fracture in England and Wales (REDUCE): a record-linkage cohort study. Lancet Healthy Longev. 2023 Jul 10:S2666-7568(23)00086-7. doi: 10.1016/S2666-7568(23)00086-7. Epub ahead of print. PMID: 37442154.
Bibliografia
- Leal J, Gray AM, Prieto-Alhambra D, et al. Impact of hip fracture on hospital care costs: a population-based study. Osteoporos Int 2016; 27: 549–58.
- Patel A, Berdunov V, Quayyum Z, King D, Knapp M, Wittenberg R. Estimated societal costs of stroke in the UK based on a discrete event simulation. Age Ageing 2020; 49: 270–76
- Hall PS, Hamilton P, Hulme CT, et al. Costs of cancer care for use in economic evaluation: a UK analysis of patient-level routine health system data. Br J Cancer 2015; 112: 948–56.