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Le fratture da osteoporosi

 

Avere l’osteoporosi non significa necessariamente andare incontro, prima o poi, a una frattura. Molte persone colpite da questa malattia non ne subiranno mai nemmeno una in tutta la vita. Tuttavia, la presenza dell’osteoporosi rende le ossa più fragili e quindi aumenta sensibilmente il rischio di frattura.

Nelle persone anziane, bisogna tenere presente che tale aumento dipende non solo dalla minore robustezza dello scheletro legata all’invecchiamento, ma anche dall’invecchiamento in sé, in quanto fattore che implica un maggior rischio di cadute. Se l’osteoporosi è grave, anche un piccolo trauma può essere sufficiente per causare una frattura. La maggior parte, tuttavia, si verifica come conseguenza di una caduta o di uno sforzo eccessivo, il cui rischio si può ridurre mettendo in atto alcuni accorgimenti comportamentali (tabella ***).
Tabella ***.

Accorgimenti comportamentali e ambientali per prevenire le cadute

In casa: Fuori casa:
 meglio evitare tappeti e scendiletto  evitare strade sconnesse e accidentate
 mai lasciare in giro tappeti arrotolati e oggetti che possono far inciampare  usare scarpe comode ed eventualmente ausili
 avere sempre una buona illuminazione  non camminare per strada leggendo il giornale
 accendere sempre la luce quando ci si alza di notte  
 usare solo pantofole chiuse  
 usare tappetini antiscivolo nella vasca o nella doccia  
 per raccogliere qualcosa da terra piegarsi sulle ginocchia, non flettere la schiena  

 

Prevenire le fratture è essenziale perché questi eventi possono avere, soprattutto nell’anziano, conseguenze gravi e compromettere seriamente sia la durata che la qualità di vita.

Le fratture rappresentano la complicanza più rilevante dell’osteoporosi e in alcuni casi possono arrivare a provocare un’invalidità permanente e aumentare anche il rischio di decesso. I pazienti che hanno subito una frattura di femore, per esempio, hanno un tasso di mortalità nell’anno successivo del 15-30%.

Tutte le ossa colpite da osteoporosi possono rompersi, ma le fratture sono più frequenti e hanno implicazioni più gravi in alcune sedi scheletriche, quali il polso, le vertebre e il femore, seguite dalla spalla (omero) e dalle costole.

Nei soggetti osteoporotici più giovani, la frattura più comune è in genere quella di polso (frattura di Colles), che è anche quella meno pericolosa. In quelli più anziani, i punti più a rischio sono il femore e soprattutto le vertebre.

Le fratture vertebrali possono consistere in una semplice deformazione a cuneo o un vero e proprio schiacciamento del corpo vertebrale e possono aver luogo non solo a causa di una caduta, ma anche semplicemente di un movimento sbagliato, come piegarsi in avanti con la schiena per raccogliere un oggetto. Si manifestano con un dolore acuto e improvviso alla schiena che rende difficile o impossibile muoversi (specie se localizzato a livello lombare). La fase acuta del dolore dura da 2 a 4 settimane e l’unica misura che si può adottare per curarle, in aggiunta ai farmaci analgesici, è il riposo. Anche se hanno conseguenze meno drammatiche delle fratture di femore, quelle vertebrali, specie se sono multiple, possono lasciare uno strascico di dolore cronico alla schiena (soprattutto quando la persona sta in piedi troppo a lungo), riduzione della motilità, incurvamento in avanti della colonna vertebrale, calo di statura anche di parecchi centimetri e difficoltà respiratorie.

Le fratture di femore sono meno frequenti, ma più temibili e pericolose di quelle vertebrali. In genere si verificano in persone più anziane, con osteoporosi più grave, come conseguenza di una caduta. Richiedono necessariamente un ricovero in ospedale, nella maggior parte dei casi un intervento chirurgico con l’inserimento di protesi e una lunga riabilitazione. Alcune persone riescono a recuperare pienamente dopo un evento di questo genere, ma altre non tornano mai ad essere del tutto indipendenti. I dati epidemiologici mostrano, infatti, che solo la metà dei pazienti rimane autosufficiente dopo una frattura di femore e che la sua qualità di vita successiva risulta, comunque, compromessa. Di norma, le persone che recuperano meglio sono quelle che prima dell’evento erano in condizioni migliori di salute e facevano una vita più attiva.

Di pari passo con l’osteoporosi, anche le fratture rappresentano un problema in crescita in tutto il mondo, e in particolar modo nei Paesi industrializzati, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. Secondo dati dell’IOF, nell’Unione europea si sono verificati nel 2010 circa 3,5 milioni di fratture, di cui circa 620 mila di anca, 520 mila vertebrali, 560 mila di polso e 1,8 milioni a carico di altri distretti scheletrici. Secondo le stime, il numero annuale di fratture nel vecchio continente passerà dai 3,5 milioni del 2010 a 4,5 milioni nel 2025, con un incremento del 28%.

Sempre nel 2010, in Europa, le fratture sono state ritenute responsabili di 43.000 decessi, che nelle donne sono risultati correlati nel 50% dei casi a fratture di femore, nel 28% a fratture vertebrali e nel 22% ad altri tipi di fratture, mentre negli uomini le percentuali corrispondenti sono risultate rispettivamente del 47%, 39% e 14%.

È evidente, dunque, come le fratture siano associate a costi ingenti non solo in termini di vite umane perdute, ma anche dal punto di vista sociale ed economico, per lo strascico di invalidità che spesso comportano e il conseguente carico assistenziale, che va a gravare inevitabilmente sui famigliari e sul sistema sanitario. Nel 2010, dei 37 miliardi di euro spesi nell’Unione europea per il trattamento dell’osteoporosi, il 66% è stato utilizzato per il trattamento delle fratture e il 29% per l’assistenza a lungo termine correlata alle fratture stesse.

Tutti questi numeri impongono, quindi, un impegno sempre maggiore da parte dei sistemi sanitari per identificare i soggetti a rischio di osteoporosi e di fratture, e le terapie più appropriate, fermo restando la necessità che anche i singoli si impegnino attivamente in prima persona sul fronte della prevenzione.

È importante tenere presente che aver subito una frattura è un importante fattore di rischio di una frattura successiva. Chi ha già avuto una frattura osteoporotica, infatti, ha una probabilità quasi doppia di andare incontro a una nuova frattura rispetto a chi non si era mai fratturato prima. Perciò, chiunque abbia subito una frattura dopo i 50 anni dovrebbe sottoporsi alle indagini per valutare il rischio di osteoporosi e di fratture. Inoltre, nella maggior parte dei casi, chi ha già avuto una frattura dovrebbe essere sottoposto a una terapia farmacologica per prevenire ulteriori fratture successive.