Il declino funzionale dell’apparato muscolo-scheletrico, sia per quel che riguarda la sua componenete muscolare che per quel che riguarda la sua componente ossea, che si osserva nell’anziano, è responsabile della compromissione dell’andatura e dell’equilibrio, ed è correlato un elevato rischio di cadute e delle loro più temibili conseguenze, le fratture. Ad esse consegue, oltre che un significativo peggioramento della qualità di vita ed aumento della mortalità, un cospicuo incremento dei costi; la frequenza di tali eventi avversi inoltre è in costante aumento. Rappresentano dunque un problema sanitario di primaria importanza (1) .
Ciononostante al momento attuale non esistono criteri ben definiti per stabilire il rischio individuale di un paziente anziano per eventi avversi muscolo-scheletrici. A tal proposito Binkley e coll (2) propongono un modello di valutazione del rischio per un insieme di outcome negativi (compromissione della mobilità, cadute e fratture), attraverso un punteggio che includa i principali fattori predisponenti a questi eventi. Tale approccio identificherebbe quindi una popolazione eterogenea con simili livelli di rischio muscolo-scheletrico, un’entità clinica complessa che potremmo definire, analogamente al modello universalmente riconosciuto della sindrome metabolica, “sindrome da dismobilità”.