Le disbiosi intestinali sono state associate a varie patologie come l’obesità, il diabete, la sarcopenia, l’osteoporosi e diverse malattie autoimmuni (1-3). Il Limosilactobacillus reuteri ATCC PTA 6475 (L reuteri) è uno dei pochi Lactobacilli indigeni, che si trova nell’intestino sia di adulti che di bambini (4). Diversi studi hanno valutato l’efficacia di L reuteri nella riduzione della perdita di massa ossea in età post-menopausale sia nell’animale che nell’uomo dopo 12 mesi di terapia, fornendo tuttavia risultati contrastanti (5, 6). Lo studio di Gregori e colleghi si propone quindi di valutare l’efficacia della supplementazione con L reuteri sulla prevenzione della perdita di massa ossea post-menopausale versus placebo ed il mantenimento o l’incremento di tale effetto dopo 12 mesi di terapia.
Lo studio controllato randomizzato, in doppio cieco e monocentrico, è stato svolto in Svezia tra il 4 Dicembre 2019 ed il 6 Ottobre 2022. Per l’arruolamento, i potenziali partecipanti dello studio sono stati reclutati tramite pubblicità online e lettere inviate a 10062 donne di età tra i 50 ed i 60 anni. Le 752 donne che hanno ricontattato la clinica sono state sottoposte ad un processo di selezione iniziale tramite intervista telefonica. Di queste 292 sono state invitate per essere valutate tramite criteri di arruolamento. Criteri di inclusione erano la volontà a partecipare, la disponibilità per il lungo periodo, l’assenza di mestruazioni da 1 a 4 anni prima dell’arruolamento, livelli sierici di 25-idrossi-vitamina D (25OHD) superiori a 10 ng/ml. Sono state escluse invece donne con: T-score inferiore a -2.5 DS combinato con un rischio di frattura a 10 anni (calcolato tramite FRAX) superiore al 20%; T-score inferiore a -3.0 DS; fratture vertebrali; precedenti terapie con farmaci anti-riassorbitivi, modulatori selettivi del recettore degli estrogeni, bifosfonati, denosumab o ranelato di stronzio.
All’arruolamento ed ogni quattro mesi, le partecipanti sono state sottoposte ad una visita per la raccolta di parametri antropometrici, ed a questionari circa le loro abitudini di vita, l’anamnesi farmacologica, i fattori di rischio per fratture, le abitudini alimentari, l’esercizio fisico ed i sintomi gastro-intestinali. Inoltre ad ogni controllo, alle pazienti è stato prelevato un campione di siero per la valutazione dei seguenti parametri ematochimici: propeptide intatto N-terminale del procollagene di tipo I (PINP), telopeptide C-terminale del collagene di tipo I (CTX), 25OHD, calcio, acidi grassi a catena corta di butirrato, acetato e proprionato.
All’arruolamento, dopo 1 anno e dopo 2 anni dall’inizio della terapia, le partecipanti sono state sottoposte a valutazioni strumentali per valutare la densità minerale ossea (DMO) tramite MOC-DEXA (femorale e lombare), la DMO volumetrica e la microarchitettura ossea (DMO volumetrica totale, spessore della corticale, DMO volumetrica corticale, frazione di volume osseo trabecolare) tramite tomografia computerizzata della tibia.
Sono state arruolate 239 donne che sono state poi divise in tre gruppi senza nessuna differenza significativa per i parametri precedentemente raccolti. Di questi un gruppo riceveva capsule contenti L reuteri a basse dosi (5×108 UFC), uno ad alte dosi (5×109 UFC) ed un gruppo riceveva placebo.
In tutti e tre i gruppi si è osservata riduzione della DMO lombare e femorale, della DMO volumetrica totale a livello della tibia, dell’area corticale della tibia e della DMO corticale tibiale, sia dopo 1 che dopo 2 anni. Nessuna differenza significativa è stata invece riscontrata nel confronto fra i tre gruppi. Dopo un anno nel gruppo ad alte dosi e dopo 2 anni nel gruppo sia ad alte che a basse dosi, è stato osservato un aumento percentuale dei valori di PINP. Non è stata riportata inoltre nessuna reazione avversa in tutti e tre i gruppi.
In un’analisi esplorativa, sono state invece osservate riduzioni significative delle concentrazioni di acido acetico dopo 2 anni di terapia nel gruppo ad alte dosi rispetto al placebo. Inoltre, è stata osservato un cambiamento dell’indice di massa corporea (IMC) ed una correlazione tra questo e DMO volumetrica tibiale solo dopo 2 anni e nei due gruppi in terapia. Di tutti i parametri raccolti inoltre, una maggiore altezza, maggiore IMC, maggiore percentuale di grasso corporeo e più alto rischio di frattura a 10 calcolato tramite FRAX erano associati ad una risposta migliore alla terapia.
In conclusione, lo studio ha dimostrato che la supplementazione per 2 anni con L reuteri non apporta alcun miglioramento nei parametri sia ematochimici che strumentali del metabolismo minerale in donne in età post-menopausale. Gli unici risultati significativi, da intendersi come esploratori e non confirmatori, hanno evidenziato una interazione tra IMC ed efficacia del trattamento e meritano un approfondimento futuro con specifici studi.
Commento all’articolo di Gregori G, Pivodic A, Magnusson P, Johansson L, Hjertonsson U, Brättemark E, Lorentzon M. Limosilactobacillus reuteri 6475 and Prevention of Early Postmenopausal Bone Loss: A Randomized Clinical Trial. JAMA Netw Open. 2024 Jun 3;7(6):e2415455. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2024.15455. PMID: 38865129; PMCID: PMC11170297.
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