20 ottobre: giornata mondiale dell’osteoporosi, colpite 22 milioni di donne europee

20 ottobre: giornata mondiale dell’osteoporosi, colpite 22 milioni di donne europee

A meno di una settimana dalla ricorrenza della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, possiamo affermare che questa patologia rimane comunque, se non sconosciuta, sicuramente misconosciuta dalla maggioranza della popolazione femminile. Potrebbe sembrare un paradosso parlare in questi termini di una delle patologie più diffuse, colpisce infatti 22 milioni di donne europee, eppure questa ‘ladra silenziosa’ delle ossa, che compare in maniera asintomatica per poi spesso manifestarsi con una frattura, è di fatto ancora largamente sottovalutata, soprattutto perché  non se ne conoscono tutte le facce.

Tralasciando quella giovanile, fortunatamente meno frequente, è infatti doveroso distinguere tra osteoporosi primaria, sua volta classificata in 2 tipi: osteoporosi postmenopausale, legata essenzialmente alla brusca caduta del livello degli estrogeni necessari per il normale metabolismo osseo, e  osteoporosi senile, che colpisce soprattutto dopo i 70 anni di età, e osteoporosi secondaria, causata da patologie concomitanti di diversa natura (quali ad esempio quelle reumatiche come artrite reumatoide e lupus) o dal prolungato utilizzo di farmaci i corticosteroidi, gli anticoagulanti come l’eparina o gli inibitori dell’aromatasi.

«Sull’osteoporosi – conferma il Prof. Giancarlo Isaia, Direttore della Struttura di Geriatria e Malattie Metaboliche dell’Osso all’Ospedale Molinette di Torino e Presidente della SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro) – manca ancora un’informazione scientifica, opportunamente però decodificata e resa fruibile per la popolazione, trasmessa dalla classe medica. Che serva a colmare un vero e proprio gap poiché, da sempre, l’osteoporosi non è mai stata spiegata correttamente alle pazienti. In questo senso la SIOMMMS è, da sempre, in prima linea, anche attraverso la Campagna “Stop alle Fratture”, prima e unica iniziativa nazionale di sensibilizzazione sulle fratture da fragilità ossea, che sono le conseguenze dell’osteoporosi nella sua forma più grave. A questo proposito, alla classe medica spetta il compito di invitare le donne a non sottovalutare, ad esempio, persistenti dolori ossei che possono essere sintomo di fratture da fragilità ossea, la cui incidenza è molto più comune di quanto si pensi».

Proprio l’osteoporosi nella sua forma più severa, ovvero complicata da una o più fratture, che possono incorrere anche per un minimo sforzo, come il sollevamento di una busta della spesa, la torsione del busto o un saltello, rappresenta un problema socialmente molto rilevante, influenza negativamente la durata e la qualità della vita delle donne che ne soffrono e richiede rilevanti risorse economiche da parte del SSN. Addirittura, stando alle ultime stime, si calcola che nei prossimi 40 anni, in assenza di percorsi diagnostici e terapeutici mirati per la popolazione a rischio, anche in Italia assisteremo al raddoppiare dell’incidenza delle fratture da fragilità ossea. «E questo soprattutto perché, nel nostro Paese, essa non viene gestita in modo appropriato – precisa il Prof. Isaia – soprattutto relativamente al trattamento che è assai inferiore alle aspettative e non coerente con le Linee Guida Internazionali. Basti pensare che noi ‘bone specialist’, che siamo gli specialisti di riferimento per la cura dell’osso, vediamo quotidianamente moltissime pazienti che presentato anche più fratture ma che non sono mai state curate: ad esempio, fratture vertebrali, ma anche di omero e di polso, spesso considerate, a torto, solo banali incidenti o naturali conseguenze dell’invecchiamento.  Anche la più temuta frattura di femore non può considerarsi risolta solo con l’intervento chirurgico, ma – come tutte le fratture – necessita di essere opportunamente trattata con la terapia farmacologica, cosa che invece avviene, purtroppo, solo in parte. Particolare preoccupazione ha generato il dato, pubblicato dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) secondo il quale circa il 70% dei pazienti fratturati di femore sottoposti ad intervento chirurgico non segua poi un adeguato trattamento farmacologico. Oggi, invece, le indicazioni della nuova Nota 79 definiscono ‘ad alto rischio’ di osteoporosi severa anche la paziente che presenta anche un’unica frattura e, per questo, ha diritto a un corretto percorso diagnostico – terapeutico».

La Giornata Mondiale dell’Osteoporosi ha come l’obiettivo quello di promuovere una sempre maggiore consapevolezza della popolazione femminile su questa patologia, ecco perché in occasione di questa ricorrenza diventa fondamentale affiancare all’informazione sui corretti stili di vita, quali l’attitudine al fumo, la mancanza di attività fisica e l’alimentazione scorretta, anche quella relativa ai fattori di rischio, primi tra tutti la predisposizione genetica e la familiarità.

«Addirittura la familiarità di fratture da fragilità ossea interessa 1 donna italiana su 3 – continua Giancarlo Isaia – per cui risulta essere un importante warning per possibili pazienti ad alto rischio. Altri fattori di rischio importanti, ma spesso sottovalutati, sono la menopausa precoce, l’eccessiva magrezza, il fumo e l’abuso di alcol. Solo con la sensibilizzazione della classe medica, dal medico di famiglia a tutti gli specialisti coinvolti nella gestione della patologia osteoporotica,  potremo garantire la corretta ed esaustiva  informazione alle pazienti e, grazie anche alla nuova Nota 79, un sensibile miglioramento dell’appropriatezza della terapia e un conseguente calo di fratture da fragilità ossea negli anni a venire».

Dai 50 anni di età, per ogni donna è fondamentale conoscere il proprio rischio fratturativo. Sul sito www.stopallefratture.it è disponibile il Defra Test online, test di autodiagnosi per valutare il rischio personale di fratturarsi nei successivi 10 anni (basso, medio, elevato, molto elevato). A seconda del risultato ottenuto, verranno indicate, per tutte, raccomandazioni e consigli su come prevenire eventuali fratture da fragilità.